Le
(tante)vocali
Il vostro bravo e
diligente insegnante di inglese vi avrà sicuramente fatto ripetere a memoria
l’alfabeto inglese. Questo è un classico che non può mancare, ma ovviamente non
credo vi abbia detto che quell’alfabeto è quasi inutile se non vi aggiunge
anche l’elenco dei fonemi legati a quell’alfabeto. Cosa significa?
Significa che per un italofono l’alfabeto, ovvero la lista delle lettere
presenti nella lingua, corrisponde quasi perfettamente alla pronuncia dei
fonemi corrispondenti. Ma in inglese ovviamente no. Nell’alfabeto inglese ci
sono cinque vocali, cioè cinque simboli. Questo a causa dell’influenza dell’alfabeto
latino sulle lingue europee. Questa volta non prendetevela col francese ma col
latino. In realtà in inglese alle 5 vocali dell’alfabeto corrispondono 12
fonemi, ovvero suoni. Per non parlare poi di W e Y che spesso possono
rappresentare fonemi vocalici. Gli inglesi quindi si sono dovuti rassegnare ad
usare l’alfabeto latino nonostante nella loro lingua ci fossero molti più
fonemi. Fonemi che il nostro cervello italofono non riesce a distinguere. E’
una questione biologica di sviluppo cerebrale nell’infanzia. L’inabilità a
distinguere questi suoni è universale tra gli italofoni e ci vogliono mesi o
anni e molto orecchio per poter maneggiare questi fonemi con disinvoltura. Per
un italofono dire spaghetti e spaaghetti o spagheeti o spaghettii non fa
alcuna differenza. Spesso allunghiamo le vocali semplicemente perché stiamo
urlando o perché vogliamo enfatizzare un qualche suono. Ma questo sarebbe
impossibile in inglese perché ogni volta che il tempo delle vocali pronunciate
si allunga avrete appena cambiato parola e addirittura senso alla frase.
Infatti mi sono sempre chiesto come si possa urlare in inglese nelle situazioni
di pericolo senza incasinare il senso di quello che si dice. Gli inglesi per esempio penserebbero che
spaghetti e spaaghetti (un esempio stupido ma per farvi capire come il cervello
sia strutturato in modo diverso) siano due parole diverse. “Ma prima hai detto
spaaghetti, non spaghetti?!” Confusione. Per ovviare a questa barriera fonetica
e prima ancora biologica bisogna mettersi di impegno e il vostro insegnante di
inglese non vi aiuta di certo facendovi ripetere le letterine dell’alfabeto a
memoria. C’è bisogno di un continuo uso degli esempi classici come: ship-sheep,
shit-sheet, peace-piss, peace-piece, cheap-chip ecc. ecc.. La quantità di
fonemi vocalici nella lingua inglese è così grande e complessa che gli inglesi
fanno largo uso dello spelling, una parola che ha pochi corrispettivi nelle
altre lingue. Oltre al problema delle vocali lunghe e brevi esiste il problema
dei dittonghi. Ci sono lettere come la O che vengono spesso pronunciate come OU
come in No che si pronuncia NOU (in questo i sardi sono avvantaggiati) e
lettere come la A che spesso diventa EI come in FATE. Focus si pronuncia foucus
non focus altrimenti gli inglesi sentono “fuck us” (ecco perche’ ridevano
sempre giusto?); coke si pronuncia couk altrimenti gli inglesi capiscono cock
(gallo, ma volgarmente c....). Visto che siamo in tema in UK Can’t si pronuncia
caaant non cant, altrimenti state indicando una parte anatomica femminile!!!!
Se invece volete far vedere ai vostri amici inglesi che siete degli
appassionati di film americani dovrete dire cheent.
2011/11/30
L’H
(non) alitata
Ho cominciato a capire che
avevo problemi col suono H quando in Svezia, fresco dei miei studi d’inglese in
Italia, in un pomeriggio invernale di 6 anni fa dico: “I ate the snow.” “Ah, e
che sapore aveva? A me è sempre piaciuto mangiare la neve.” mi dice la collega
olandese. Ovviamente intendevo dire che odiavo la neve, H-A-T-E. Ma ho fatto il
classico errore degli italiani: non riuscire a pronunciare e/o addirittura a
distinguere il suono H. Quello fu l’inizio della mia lunga serie di figuracce
all’estero (grazie scuola italiana!). Alcuni anni dopo ho cominciato a rendermi
conto che avevo imparato perfettamente il suono H il giorno in cui non ho più
capito gli italiani quando parlavano in inglese. E se non li capisco più io
figuriamoci un inglese. Era una fredda giornata d’autunno (ho sempre voluto
scrivere questo incipit) e stavo parlando con una ragazza italiana appena
arrivata a Bristol. Dice che è iscritta al Dipartimento di Belle Arti (Arts) e
da lì incominciamo a farle domande sulle arti, pittura, scultura ecc. Le sue
risposte però sono evasive e confuse e ad un certo punto ci rendiamo conto che
qualcosa non andava: era infatti iscritta a Cardiologia (heart). Questi sono
solo un paio di esempi della frustrazione iniziale che un italiano deve
sperimentare sulla sua pelle. Il suono H non esiste nella nostra fonetica e di
nuovo dovrebbe essere nella nostra bella lista di fonemi da leggere insieme al
nostro alfabeto. Per pronunciare questo suono gli italiani si mettono
semplicemente ad alitare mentre pronunciano le vocali, spesso distruggendosi i
polmoni o ammazzando il vicino dopo aver mangiato spaghetti aglio, olio e
peperoncino. Gli italiani pensano che sia semplicemente una vocale alitata e
allungata fino a quando i polmoni vengono svuotati di tutta l’aria. In realtà
il suono parte dalla gola ed è indipendente dalla vocale che segue. Per esempio
in “hard” prima si pronuncia l’H con una sorta di “colpetto” che nasce in gola
(bisogna lasciare un piccolo buco che lasci passare un “pacchetto” di aria) e
poi si coordineranno le labbra e la bocca per formare la vocale, non il
contrario. Quindi bisogna esercitarsi su questo “colpetto di gola”, non sulla
vocale che segue. Imparare il suono H è fondamentale e in un corso d’inglese
serio si dovrebbero ripetere le parole con e senza H ad ogni lezione: ill-hill,
ate-hate, hold-old etc. Gli esempi sono innumerevoli. Ci sono alcune parole
però dove la lettera H non si pronuncia e guarda caso sono quasi tutte quelle
parole che vengono dal francese (!): hour, herb, honour, heir, honest. Esiste
un trucco per scoprire se una parola si deve pronunciare con la H oppure no. Se
l’articolo indeterminativo è a allora si deve leggere come H, se invece è an si
deve leggere senza H. Vi sarete infatti sicuramente accorti che si dice an hour,
non a hour. Per anni ho pronunciato hour con l’H. Ovviamente nessun insegnante
d’inglese si è mai premurato di avvertirmi dell’eccezione. Poi mi sono reso
conto che si diceva an hour mentre tutte le altre parole che incominciavano con
H avevano a. Una veloce ricerca su internet mi ha svelato l’arcano e ora non
smetto mai di avvertire i miei connazionali di questo errore.
05/12/2011
http://fabristol.wordpress.com/
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